BIRRA PERONIL'industria della birra negli Stati Sardi Sul finire del 1845 Francesco Peroni decise, per ragioni che tenteremo di ricostruire, di trasferirsi da Galliate, suo paese d'origine in provincia di Novara, a Vigevano, per impiantarvi una fabbrica di birra. A Galliate, il padre Giovanni Battista esercitava la professione di "pastaio", o "pastaro", o "pasticiaro". Dopo la morte della prima moglie, dalla quale aveva avuto otto figli, si era risposato. Dalla seconda moglie, Giuseppa Bignoli, ne ebbe altri sette. Di questi, Francesco fu it quinto. La qualifica di "pastaio", nei censimenti comunali e parrocchiali, accompagna il nome di Giovanni Battista Peroni, e di tutti i membri della sua famiglia, per un lasso di tempo di circa trent'anni, mentre quella di "oste" figura accanto al nome del fratello Filippo. Attivita nel settore alimentare — sia manifatturiero, a livello sicuramente artigianale, che commerciale — accomunano, come si nota, i membri della benestante famiglia galliatese, che non risulta, all'attuale stato delle ricerche, fosse proprietaria di terre nelle campagne limitrofe. I Peroni, dunque, si possono far rientrare nelle fila di quella nuova borghesia cornmerciale che attorno alla metà degli anni trenta dello scorso secolo, nel quadro dell'economia sabauda vivificata dalle riforme albertine, cominciava a levare la propria voce. Galliate era un piccolo centro abitato, appartenente alla divisione di Novara. La popolazione, attorno alla meta dell'Ottocento, era di 5858 abitanti'. L'economia galliatese si reggeva prevalentemente sull'industria tessile, in particolar modo su quella cotoniera, con specializzazione in fustagni. Durante it regno di Vittorio Emanuele I vi erano 28 fabbriche dedite villa tessitura del cotone, capaci di produrre 19.806 pezze annue". Una strada comunale collegava Galliate con la strada provinciale di Vigevano e della Lomellina e una fiera annuale si svolgeva nella grande piazza presso il castello. Nel mercato settimanale erano concentrate le attività di scambio commerciale con il contado. La ristrettezza del contesto galliatese risulta evidente da un confronto con la vivacity e le potenzialità (sviluppo che connotavano la vita economica vigevanese. La vicinanza da Galliate e dalla famiglia che lì continuò a risiedere, la particolare prosperità del commercio e le prospettive di inserimento nel flusso crescente degli scambi indussero Francesco Peroni, dopo aver presumibilmente vagliato i tempi, il luogo e le opportunità, a scegliere Vigevano. Il suo territorio rientrava nella provincia della Lomellina, zona di pianura irrigua dedita prevalentemente alla coltivazione del riso, ma anche a quella delle granaglie. Mentre nel resto del Regno Sabaudo era dominante la piccola e media proprietà terriera, in Lomellina era presente la grande affittanza imprenditrice, fenomeno tipico della Lombardia. L'area relativa al comune di Vigevano, tuttavia, presentava caratteri diversi: attività manifatturiere e scambi commerciali di una certa rilevanza avevano alimentato la crescita di una classe borghese che ricorreva alla terra, per lo piu frammentata, solo nei momenti di crisi. Col fenomeno migratorio interno agli Stati Sardi, diretto verso le zone collinari e pianeggianti, caratterizzate da migliori condizioni di vita, si spiega l'aumento numerico che si verificò nella popolazione di Vigevano nel sessantennio precedente l'unificazione: se nel 1803 la cittadina contava 11.790 abitanti, nel 1848 il numero salì a 14.450, per arrivare a 17.673 nel 1860. Il fenomeno rientrava in quello pi§ vasto dell'incremento demografico verificatosi nelle zone risicole a partire dalla prima meta dell'Ottocento. Un basso indice di "agglomerazione urbana", tipico di tutta l'area piemontese, e un regime dei consumi tendente a mortificare, più che a incentivare, l'industria manifatturiera, caratterizzavano, pur in presenza di alcuni localizzati fermenti di sviluppo, l'economia e la società degli Stati Sardi a un decennio dall'unita. Vigevano, in tale contesto, costituiva un'evidente eccezione: su piu di 14.000 abitanti, nel 1846, solo 4704 erano dediti all'agricoltura". Il ruolo di centro commerciale attribuitole durante l'occupazione napoleonica era rimasto frustrato dalla scelta di Mortara a capoluogo di provincia, e conseguente nodo ferroviario, compiuta all'epoca della Restaurazione. Nonostante ciò, il trasferimento di imprenditorialità dal vicino Lombardo-Veneto e dall'estero, congiunto all'offerta (liffusa di manodopera preparata a buon mercato, favorirono la crescita di alcuni rami manufatturieri, quello serico e quello cotoniero in particolare. La maggior parte della popolazione risultava tuttavia impiegata, nel periodo in questione.in attività commerciali e, specificatamente, nel commercio alimentare. Il contesto appena delineato dovette esercitare una forte attrazione su Francesco Peroni, che si trasferi a Vigevano per intraprendervi un'attivita a prima vista inusuale, ma in realtà abbastanza diffusa negli Stati Sardi dove, attorno alla metà, degli anni cinquanta dell'Ottocento, si contavano ben 57 fabbriche di birra, con una produzione annua totale di 50.809,34 ettolitri. Il primo documento che attesta la presenza di Peroni a Vigevano è una Tabella Generale degli Abitanti del Comune di Vigevano soggetti alla tassa Personale e Mobiliare, del 1846, in cui compare Francesco Peroni "fabbricante di birra", abitante in contrada Rocca Nuova. E' lecito supporre che l'impianto dello stabilimento risalisse all'anno precedente, ipotesi avvalorata (la due inserzioni pubblicitarie della ditta che rilevo la fabbrica Peroni negli anni novanta dell'Ottocento, dopo la morte di Francesco, che nel 1910 fanno riferimento al sessantacinquesimo anno di vita del birrificio. Il ruolo delle tasse del 1846 rimane, tuttavia, lei prima fonte certa, che testimonial l'esistenza di una ormai avviata attività di fabbricazione della birra. L'ipotesi dell'esistenza della fabbrica prima del 1846, che poi Francesco avrebbe rilevato, e d'altronde scoraggiata dai dati di due statistiche delle attività manifatturiere presenti a Vigevano nel 1840 e nel 1845, tra i quali non vi e alcun riferimento a fabbriche di birra'. Sui fattori circostanziali che agirono da stimoli effettivi per la scelta di Vigevano da parte di Francesco si possono formulare, anche in questo caso, alcune ipotesi, purtroppo non verificabili. Si era gia sposato con Matihle Merzagora, di Angera, sul lago Maggiore, e aveva avuto una prima figlia nel 1845, a Galliate. Lì Francesco svolgeva la professione di "bottigliaio" — se imbottigliatore o fabbricante di bottiglie o semplicemente oste non sappiamo prima di trasferirsi a Vigevano. Un'accentuata disponibilità agli spostamenti, una mobilità eccezionale, tenendo conto dei mezzi di trasporto, della viabilità e della congiuntura politica particolarmente delicata, caratterizzano i suoi anni giovanili. Risiede probabilmente nell'attivita del padre la spiegazione dei motivi economici che furono all'origine dell'iniziativa di Francesco Peroni: l'impiego di cereali per la fabbricazione della pasta, nel laboratorio del padre, comportava un commercio di grossi volumi, ma con margini sottili. La fabbricazione della birra avrebbe consentito it ricavo di un plusvalore non indifferente. Quella di ex commercianti in cereali e una matrice comune a molte famiglie birraie italiane dell'Ottocento: i Dormisch, i Luciani, i Peroni, provengono dal medesimo settore. Sui primi anni dell'attività di Francesco Peroni a Vigevano si hanno poche e frammentarie notizie: la sede della fabbrica, di proprietà dei fratelli Gusberti, si trovava in contrada Rocca Nuova, nell'attuale corso della Repubblica, presso l'abitazione, anch'essa presa in locazione, ma da un diverso proprietario, il signor Vincenzo Radice, per il fitto annuo abbastanza elevato di 500 lire, adeguato alla grandezza dell'immobile. Con la famiglia Peroni vivevano "tre garzoni di negozio"''. Gli otto operai impiegati nella fabbrica nel 1860, al contrario, non abiteranno più con la famiglia Peroni. |