ANTONIO FERRARI - Officina Meccanica

 AntonioFerrari

 

Antonio Ferrari è l’imprenditore che maggiormente segna le origini della pro­duzione italiana di macchine per calzature.

Nato nel 1877 a Massaléngo, vici­no a Lodi, nel 1900 allestisce un’officina da elettricista nella piazza del Bramante a Vigevano. L’attività, tipicamente artigianale, si orienta

Il brindisi per l’inaugurazione nel 1915 del nuovo stabilimento della Antonio Ferrari

progressivamente verso la riparazione e manutenzione delle prime macchine impiegate nelle imprese calzaturiere, allora di esclusiva provenienza americana o tedesca. Con l’aiuto di qualche operaio le ripara, vi apporta modifiche e, costruendo direttamente i pezzi di ricambio, introvabili in Italia, le rende nuovamente funzionanti. Le competenze elettromeccaniche giocano in questa fase un ruolo decisivo per lo sviluppo dell’iniziativa. L’assenza di tecnici e depositi di compo­nenti delle imprese estere traduce ogni guasto in lunghi periodi di fermo macchina – pari nel migliore dei casi ai tempi necessari alla richiesta dei componenti alla casa madre ed al loro successivo invio in Italia –. L’emancipazione dalla dipendenza dall’estero viene sottolineata anche dalla pubblicistica secondo la quale, nella ricerca dell’ambito ove applicare le competenze che va accumulando, “il Ferrari ferma la sua attenzione su una delle maggiori industrie locali, la confezione delle calzature; vede che essa è asservita appunto al mercato estero, e si fissa il suo compito meritorio, fabbricare qui, da noi, quanto ci occorre.”

 Le carenze sul versante dell’offerta offrono quindi ad Antonio Ferrari l’opportu­nità di avviare inizialmente la riproduzione della componentistica richiesta dalla manutenzione/ riparazione delle macchine e, successivamente, la pro­duzione/ riproduzione delle macchine più semplici, quali le fresasuole, i pomicini, le trance, i banchi di finissaggio, ecc.

Sebbene sia difficile identificare il momento in cui l’officina Ferrari sostituisce l’attività originaria con la produzione autonoma di macchine per calzature, questa evoluzione può essere collocata alla fine del primo decennio del ‘900. In brevissimo tempo l’iniziativa mostra di guadagnare il favore del mercato, tanto da meritarsi nel 1910 la prima citazione giornalistica, quando su la Gazzetta industriale e mercantile di Genova compare un “lungo articolo dal titolo ‘Una ditta che si fa onore’, [che] illustrava i meriti di questa casa nel campo industriale”.

Nel 1915, proprio agli inizi del primo conflitto mondiale, lasciata la vecchia officina, diventata ormai insufficiente, Antonio Ferrari si trasferisce in un vero e proprio stabilimento, sempre a Vigevano, dove occupa una trentina di addetti.

In un periodo, quale quello bellico, in cui la crescente affermazio­ne della meccanizzazione dell’indu­stria calzaturiera si confronta con la sempre maggiore difficoltà ad im­portare dall’estero sia i componenti sia le macchine stesse, l’Officina Meccanica Antonio Ferrari riesce a sviluppare ed a consolidare le proprie attività. Sul versante produttivo, nel 1920 amplia in modo significativo lo stabilimento di via Cairoli, descritto come “una perfezione di impianto e di organizzazione”; nello stesso anno, ma sul versante commerciale, partecipa alla Fiera di Milano con due stand.

“Il Diario”, organo ufficiale della Fiera Campionaria Internazionale di Milano, segnala il 21 aprile 1920 che la delegazione bulgara, dopo aver visitato gli stand dell’impresa vigevanese, “ha ordinato una serie completa di tutte le sue macchine che dovranno servire come collezione e modello per la ripresa e lo sviluppo dell’industria meccanica di quella nazione.”

Nel 1921 l’impresa partecipa nuovamente alla Fiera di Milano con ben sei stand guadagnandosi anche l’attenzione del Sole, che in un articolo del 23 aprile, informa che “veramente importante e degna di nota è la esposizione di macchine di calzature fatta dalla Ditta Antonio Ferrari di Vigevano.”

La strategia perseguita dall’impresa di Vigevano ricalca, fatte le debite proporzioni, quella di Usm e di Moenus che si propongono quali fornitrici di ogni tipo di macchina impiegata nella produzione della calzatura. In tal senso, pur partendo dalla riproduzione delle macchine più semplici impiegate nelle fasi di finissaggio, già nel 1923 la Guida Generale dei Calzaturifici ed Affini di Vigevano illustra come le Officine Meccaniche Antonio Ferrari, “prima fabbrica italiana per la costruzione di macchine per calzaturifici”, disponga di un “deposito costantemente rifornito di qualsiasi macchina per calzature” e possa fornire “impianti completi di stabilimenti per qualsiasi lavorazione meccanica delle calzature; pezzi di ricambio per qualunque macchina del genere; specialità in fustelle di qualunque tipo e sistema in acciaio inglese di primissima qualità, forniture ed accessori per la lavorazione a macchi­na e a mano;macchine per orlatrici e banchi a motore completi.”

La scelta di puntare sull’offerta della gamma completa delle macchine per calzature caratterizzerà l’impresa sino alla fine degli anni ’50 quando si orienterà verso la produzione delle macchine per la lavorazione dei materiali sintetici. Negli anni ’30 la produzione viene estesa a macchine tecnologicamente più com­plesse quali le piantatacchi, la graduatrice ed i primi modelli di “Rapid”. In sintonia con la scelta di allargare all’intero territorio italiano la propria influenza, nel 1924 insieme alla SIMCASIA (Società Italiana Macchine per Calzaturifici, Scatolifici ed Industrie Affini), impresa commerciale di Milano con rappresen­tanze a Napoli ed a Torino, dà vita alla “Ditte Riunite SIMCASIA- Antonio Ferrari”, sodalizio che si protrarrà sino al 1930.

Non può infine essere dimenticato il contributo che la Antonio Ferrari fornisce allo sviluppo del comparto nazionale quale incubatrice di futuri im­prenditori. Nell’impresa vigevanese si formano ed hanno la possibilità di maturare le proprie competenze tecnologiche molti dei tecnici che nel tempo daranno vita a nuove officine, quali la Fratelli Besser, la Comelz, la Gelmini e Manenti ed altre ancora nel secondo dopoguerra.


 





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