(Pierluigi Muggiati)
1768: Una data fondamentale nella storia
dell'assistenza vigevanese
Il
1768, si è detto, fa da spartiacque fra il "prima" e il
"dopo" nel campo delle opere pie cittadine. in quell'anno, infatti,
la regia giunta sopra le opere di carità di Torino invia a Vigevano il proprio
segretario, Felice Viretti, affinché relazioni sullo stato delle istituzioni
caritative operanti in città; nel frattempo viene contattato anche il vescovo
di Vigevano, monsignor Giuseppe Maria Scarampi, al fine di ottenere
informazioni sulla possibilità di erigere anche in città, come già in molte
altre parti del regno, una congregazione di carità che concentri in sé la
gestione di tutte le opere pie.
Esistevano
infatti in Vigevano più opere pie, ma prive del benché minimo coordinamento fra
loro; della maggior parte non era nemmeno possibile stabilire con certezza il
reale patrimonio, stante la mancanza di bilanci e scritture, la trascuratezza
della contabilità, l'incapacità di recuperare crediti e beni dati a terzi. Valga
per tutte la relazione inviata a Torino dal pretore del tribunale di Vigevano, Prevenno,
datata 19 luglio 1768, relativa alla confraternita del santissimo sacramento,
di certo la più importante in città, che aveva il compito di amministrare
l'omonimo ospedale, anch'esso il più importante fra i tre esistenti allora in Vigevano.
Da
questa relazione si evince che i membri della confraternita non rispettavano i
regolamenti, non tenevano l'obbligatorio bilancio annuo, i priori e i sindaci
invece che per un anno restavano in carica fino anche a venti; in definitiva il
pretore invoca misure drastiche al fine di "togliere le combricole, ed anco talvolta li tumulti, e contrasti"
e affinché "si ripari al troppo avvanzato dispotismo di tali
amministratori nel vendere, e trattare le cose di detto ospedale senza
ricorrere a chi si conviene".
Il
vescovo, perciò, al fine sia di far cessare gli sprechi e le critiche sollevate
da più parti, sia per restituire piena credibilità alle opere pie sorte grazie
alla carità di molti vigevanesi, si dimostra molto favorevole al progetto
avanzato da Torino di concentrare l'amministrazione dei vari istituti in un
unico organismo; come questo avviene sarà spiegato in modo più approfondito nel
capitolo successivo.
Gli antichi ospedali vigevanesi prima
del 1768
Le
opere pie esistenti a Vigevano prima del 1768 erano i tre ospedali
cinquecenteschi, che si occupavano dell'assistenza ai malati, la spezieria
della concezione, che distribuiva medicinali ai poveri, la casa della carità,
che distribuiva elemosine, il monte di pietà, che concedeva prestiti a basso
interesse su pegno, e l'orfanotrofio Riberia che accoglieva ragazze orfane e
povere.
si
traccerà la storia solo dei tre ospedali; gli altri istituti saranno trattati
nell'ultimo capitolo, insieme alle altre opere pie fondate dopo il 1768. il
primo ospedale di Vigevano fu quello delle sante Maria e Marta (comunemente
detto di santa Marta), istituito per opera del sacerdote Pasino Ferrari.
Già
nel 1498 il Ferrari ottenne dal vescovo di Novara, che aveva allora
giurisdizione su Vigevano, l'autorizzazione a erigere, all'interno della chiesa
di sant'Ambrogio in Vigevano, una cappella con altare dedicata alla visitazione
di Maria ad Elisabetta, nonché di fondare una casa, anch'essa intitolata alla
vergine Maria, "ad uso pio", cioè per 1'assistenza a poveri malati e
invalidi. la casa pia fu fondata pochi anni dopo, all'interno di un caseggiato
di proprietà del ferrari; intatti nel testamento del fondatore, datato 3 aprile
1511, dopo un lungo elenco di beni lasciati in eredità alla cappella della
visitazione di Maria ad Elisabetta, si nomina quale erede universale la casa
pia intitolata alle sante Maria e Marta - quindi non più alla vergine Maria
come si leggeva nel documento del 1498. la casa pia risulta essere collocata in
un immobile di proprietà del ferrari nell'estimo di Bergonzone, presso la
strada pubblica, nella zona più centrale della città, nei pressi della chiesa di
sant'Ambrogio.
Quali
patroni ed esecutori testamentari Pasino nomina i fratelli Paolo e Luigi Ferrari
Fantoni, il cappellano della cappella di santa Maria in sant'Ambrogio, Giovanni
Maria Gravellona e Stefano Ferrari Uzardi. questi patroni, e i loro discendenti,
hanno il compito di mantenere quattro letti per ospitare e nutrire altrettanti
poveri infermi, con fornitura di medicinali, ma per non più di un mese. la casa
pia deve inoltre provvedere a distribuzioni elemosiniere annue di vario genere.
Il
primo ospedale vigevanese nasce dunque con l'obbligo di mantenere solo quattro
infermi per volta, provvedendo a quelle poche cure che la medicina dell'epoca
prevedeva, che si possono riassumere essenzialmente nell'attività di nutrire e
rifocillare persone deboli e denutrite al fine di facilitarne la guarigione.
nel corso degli anni il numero dei ricoverati sale prima a sei, poi, nel corso
del XVIII secolo, fino a sette, a volte anche otto o nove; si tratta sempre
comunque di piccoli numeri, propri di una casa privata trasformata in un'opera
pia a metà fra un ospedale e un ricovero temporaneo per anziani malati.
Il
secondo ospedale vigevanese, in ordine cronologico, è quello dedicato alla
beata vergine immacolata, detto anche della concezione, fondato nel 1574 da Gerolamo
del Pozzo15. dopo una lunga serie di legati, nel suo testamento il del pozzo
ordina che venga eretto un ospedale, dedicato appunto alla concezione di Maria
vergine, nella sua casa di proprietà posta al di fuori della porta di san Martino,
nel sobborgo costiera, situato lungo l'attuale corso Novara, fra la chiesa di
san Bernardo e l'incrocio con via valle san Martino.
In
questo ospedale, nominato suo erede universale, Gerolamo ordina che vengano
assistiti gli infermi, secondo le modalità stabilite per quello delle sante Maria
e Marta; che le medicine occorrenti siano acquistate dalla farmacia della
concezione di Cristoforo del Pozzo; che medico dell'ospedale sia il
"fisico" Gerolamo Bossi. qui basti dire che almeno fino al 1588 l'ospedale della concezione
non inizia effettivamente a svolgere le proprie funzioni. infatti, nel 1581
muore Luchina Bosio, vedova del fondatore Gerolamo del Pozzo; alla sua morte
l'amministrazione passa a quattro patroni: Francesco Scipione del Pozzo, Francesco
Pozzo, Cristoforo Pozzo e Giovanni Francesco Bosio, i quali, nel 1588, chiedono
al vescovo di Vigevano di fondare l'ospedale, che quindi fino a quella data non
esisteva ancora. la documentazione archivistica relativa all'ospedale della
concezione, all'interno dell'archivio storico dell'ospedale, consiste di
registri delle varie eredità e legati dal 1521 al 1732, registri di contabilità
di vario genere dal 1580 al 1801, verbali delle sedute del consiglio di
amministrazione dal 1621 al 176817.
di
particolare interesse risulta una descrizione, datata 1588, del nostro
ospedale, che risulta essere costituito da una grande sala a piano terra, alle
cui estremità troviamo da una parte la cappella, dall'altra le cucine.
Il
terzo ospedale, intitolato al santissimo sacramento, è il più importante, tanto
da meritare spesso l'appellativo di ospedale "maggiore" di Vigevano.
si tratta senz'altro anche dell'opera pia dall'origine più travagliata.
L'inizio
della sua storia risale al 1575, quando Camillo Aliprandi nomina suo erede
universale la confraternita del santissimo corpo di Gesù, stabilita presso la
cattedrale di sant'Ambrogio in Vigevano". il lascito è subordinato al
vincolo di destinare tutti i ricavati dai beni alla distribuzione di elemosina
ai poveri della città, nonché alla costruzione di un ospedale per i poveri
infermi; non viene specificato il numero dei ricoverati, si dice solo che
dovranno essere quanti lo consentiranno le risorse. la sede viene individuata
nella contrada di porta episcopale, la zona di città fra l'attuale piazza sant'Ambrogio
e la rocca vecchia, nella casa di residenza del fondatore. qualora la
confraternita del santissimo sacramento non voglia accettare l'eredità, Aliprandi
nomina erede universale, con gli stessi obblighi, la confraternita della santa
croce, istituita nella chiesa di san Pietro martire. nel 1583 anche la vedova
dall'Aliprandi, Caterina de Bastici, lascia tutti i suoi beni alla
confraternita del santissimo corpo, ma in realtà l'ospedale non viene costruito
fino alla fine del secolo, quando nel 1599 il canonico della cattedrale,Vincenzo
Podessio, dona alla confraternita un terreno con case nella contrada Predalate,
dove ora si trova il palazzo municipale, proprio allo scopo di erigere
l'ospedale voluto dall'Aliprandi.
Il
nuovo istituto, per il quale sono probabilmente riutilizzate o riattate case
già esistenti, prende il nome dalla confraternita che lo amministra, e inizia a
operare all'inizio del seicento. nel corso degli anni l'ospedale del santissimo
sacramento incrementa le proprie ricchezze grazie a molti lasciti di
benefattori, fra i quali merita menzione l'ultimo in ordine cronologico, il
legato Cattaneo del 1763, di particolare rilevanza vista la notevole somma
devoluta, che contribuirà molto alle spese per la concentrazione dei tre ospedali
in uno solo che fra i tre ricoveri esistenti a Vigevano quello del santissimo
sacramento sia stato di gran lunga il più dotato e ricco si ricava da una
relazione sulle opere pie vigevanesi eseguita da una giunta straordinaria
costituita nel 1832, presieduta dal vescovo di Vigevano monsignor Accusani.
dalla relazione si ricava che, al momento dell'unificazione degli ospedali nel
1768, quello del santissimo sacramento godeva di un patrimonio di più di
600.000 lire di Piemonte, mentre quello dell'ospedale delle sante Maria e Marta
era di circa 63.000 lire e quello dell'ospedale della concezione non arrivava a
57.000 lire25. se la proprietà era cospicua, la gestione dell'ospedale del
santissimo sacramento non era però cristallina, come si è già anticipato nel
capitolo introduttivo, visto che i rettori, che avrebbero dovuto avere
incarichi annui, spesso restavano in carica per più di venti, senza alcuna
rendicontazione del loro operato.
Anche
la documentazione conservata relativa all'ospedale del santissimo sacramento
supera di gran lunga quella degli altri due: troviamo registri di tesoreria,
libri di cassa, mastri dal 1591 al 1783, registri delle varie eredità e legati
dal 1647 al 1776, verbali del consiglio di amministrazione del 1735 al 1768.
La congregazione di carità dal 1768
al 1838
Nel
capitolo precedente si è tratteggiata la variegata, e spesso disorganizzata,
situazione dell'assistenza ospedaliera vigevanese dalla fine del XV secolo al 1768. in particolare
risulta assolutamente inadeguato il numero di posti letto offerto dai tre
ospedali cittadini, in tutto ventitre; al massimo, in casi di estrema
necessità, essi potevano salire a trenta.
I
dati sono desunti da un documento del 1767, che consiste in un'indagine svolta
dagli amministratori dell'ospedale del santissimo sacramento, che pongono dei
quesiti ai parroci e ai medici della città per conoscere il fabbisogno di Vigevano
in fatto di assistenza, e dalle relative risposte. i parroci riferiscono che
sono almeno sette o ottomila coloro che a Vigevano e dintorni porrebbero aver
bisogno di assistenza, e che la maggior parte di essi non solo non possiede i
mezzi per curarsi, ma nemmeno per coprirsi e ripararsi dal freddo. i medici,
invece, rispondono che la città avrebbe bisogno di almeno cento posti-letto.
quindi il quadruplo della disponibilità offerta.
Sulla
base di queste analisi si fonda l'iniziativa del governo sabaudo di inviare a Vigevano
nel luglio del 1768 il segretario della regia giunta sopra le opere di carità
di Torino, Felice Viretti, già sottosegretario della (.congregazione primaria
generalissima di carità di Torino, al fine di organizzare l'istituzione di una
nuova congregazione di carità che, sull'esempio di simili istituzioni sparse
nello stato, concentri e gestisca tutte le opere pie. monsignor Scarampi,
vescovo di Vigevano, coinvolto quale futuro direttore della congregazione,
propone una soluzione che verrà completamente accolta solo sessant'anni dopo.
considerata l'eterogeneità dei servizi offerti e la conseguente necessità di
dare la formazione più idonea agli amministratori, il vescovo indica quale
soluzione la creazione in Vigevano di due distinte congregazioni:la prima
destinata alla gestione dei tre ospedali e della farmacia (con funzioni quindi
di assistenza medica), la seconda ad assistere la "mendicità sbandita-,
cioè gli anziani poveri inabili al lavoro, gli orfani. le ragazze nubili
povere, gli esposti, radunando le rendite e le competenze elemosiniere sparse
fino a quel momento fra vari istituti pii".
Forse
per le difficoltà oggettive, vista la notevole frammentazione delle opere pie
da riunire, la soluzione della doppia congregazione proposta dallo Scarampi
viene respinta da parte del presidente del supremo consiglio di Sardegna, Niger,
e del segretario della congregazione primaria generalissima di carità di Trino.
Cotti di Brusasco; si preferisce invece istituire un'unica congregazione di
carità clic concentri in sé tutti i pii istituti esistenti.
Sentito
il parere del segretario Viretti e del vescovo Scarampi, il re di Sardegna Carlo
Emanuele III il 22 luglio 1768 emana le regie patenti con le quali "erigge
nella città di Vigevano una congregazione di carità per l'amministrazione de'
beni, e rendite di tutte le opere pie di pubblica beneficenza che si trovano
instituite. o si instituissero pel soccorso, e mantenimento de' poveri tanto
sani, che intera): lo scopo, come espresso nel preambolo delle patenti, è
quello di fissare "un buon sistema e regolamento per esse opere pie'', di
giungere insomma a una più efficiente gestione e organizzazione. la nuova
congregazione assume l'amministrazione di beni e rendite di tutte le opere pie
già presenti, e di quelle che saranno istituite, finalizzate al soccorso e
all'assistenza dei poveri, sia sani che malati. essa è costituita da un numero
massimo di venti persone, alcune delle quali "membri nati", cioè di
diritto, altri nominati. i membri di diritto sono: il vescovo, la prima dignità
del capitolo dei canonici, il pretore e i due consoli della città, il priore e
il primo sindaco della confraternita del santissimo sacramento e sei eredi e
amministratori delle opere pie annesse, per un totale di tredici persone. i
rimanenti sette vengono nominati dai "membri nati" e restano in
carica per un massimo di tre anni. le patenti prevedono inoltre che il numero
degli ecclesiastici non possa essere superiore a un terzo dei componenti.
la
prima riunione della neonata congregazione avviene il 26 agosto del 1768,
all'interno del palazzo vescovile. oltre al vescovo, partecipano don Taglietta,
parroci di sant'Ambrogio e canonico, il pretore Prevenno, i due consoli
cittadini Portalupi e Morselli, Cattaneo e Fusi, rispettivamente priore e
sindaco della confraternita del santissimo sacramento, Merula e Biffignandi, a
loro volta priore e sindaco della confraternita della concezione,
amministratrice della speziaria dei poveri. Marchesotti. amministratore del
luogo pio della carità, colli, amministratore del legato colli, e due Ferrari
scelti fra i cinque erogataci dell'ospedale di santa Marta. al fine di completare
il numero di venti membri, la congregazione decide di chiamare a fin- parte del
nuovo consiglio altri due membri della confraternita della concezione, il
vicario generale croce, e i laici Giacomo Antonio Morselli. Vincenzo Negrone,
Domenico Deomini e Giovanni Battista Contardini. ancora in questa prima seduta
vengono lette le regie patenti di Carlo Emanuele e un biglietto, sempre a firma
del re e indirizzato al vescovo, nel quale il sovrano chiede ai membri della
neonata congregazione di carità di collaborare con Viretti affinché
l'istituzione possa iniziare quanto prima a operare; ma soprattutto sollecita.
per prima cosa, di accertare con precisione i beni e i redditi delle varie
opere pie. esaminando con attenzione documenti, scritture, registri. raccomanda
anche di procedere alla riscossione di eventuali crediti e al recupero di beni
eventualmente venduti senza autorizzazione. si tratta quindi di iniziare una
precisa e rigorosa attività volta prima di tutto a conoscere l'importo esatto
dei beni della congregazione e al recupero di quanto dovuto, preliminare
essenziale per poter pianificare e programmare ogni intervento a sostegno della
"mendicità sbandita". del fin dalle prime riunioni si pone il
problema della necessità di aumentare il numero degli assistiti: nella seduta
del 19 settembre 1768, per la prima volta, i consiglieri approvano la nomina di
un ingegnere, incaricato della stesura di un progetto per la costruzione di un
nuovo e capiente ospedale". in attesa della redazione del progetto e della
costruzione del nuovo nosocomio, decidono anche che i letti degli ospedali di
santa Marta e della concezione vengano portati presso l'ospedale del santissimo
sacramento, che dovrà essere adeguatamente attrezzato.
La
congregazione di carità è attiva regolarmente per una trentina d'anni, fino al
1799. quando il Piemonte, e quindi Vigevano, passano sotto la prima dominazione
francese. infatti, il 26 piovoso dell'anno 7° repubblicano, corrispondente al
14 febbraio 1709, un decreto della municipalità di Vigevano sopprime la
congregazione, e al suo posto istituisce una commissione per l'ospedale dei
poveri infermi, che agisce sotto la direzione del comitato di beneficenza
istituito dalla municipalità stessa". la commissione è composta da sette
membri e ha il compito di amministrare le spese per i malati, i ricoveri,
insomma la corretta gestione del nosocomio. secondo le regole stabilite da un
regolamento interno redatto in tredici punti. pochi mesi dopo, anche la
commissione voluta dalla municipalità è travolta dagli eventi storici; con la
momentanea restaurazione portata dagli eserciti austro-russi, infatti. il 17
giugno dello stesso 1799 viene ristabilita la precedente congregazione di
carità, che torna a riunirsi sotto la direzione del vescovo Scarampi. la prima
deliberazione riguarda la verifica di quanto operato dalla soppressa
commissione e, ovviamente, la disponibilità economica della cassa
dell'ospedale.
La
ricostituita congregazione di carità ha vita breve; con la definitiva vittoria
del Bonaparte a marengo si ricostituisce la repubblica cisalpina, e anche a Vigevano
insedia la nuova municipalità. fra i primi atti della nuova amministrazione si
annovera. il 23 novembre 1800, lo scioglimento della congregazione, e la
ricostituzione della commissione creata il
14 febbraio 1799 fra le motivazioni che giustificano tale decisione c'è
l'opportunità che un numero ristretto di persone decida delle attività
assistenziali (ricordiamo che la vecchia congregazione era costituita da venti
persone); l'idea che sia compito e dovere della municipalità sorvegliare sul
buon andamento delle opere pie; la constatazione clic l'organizzazione della
vecchia congregazione non è più al passo con i tempi. come già la precedente,
anche la ricostituita commissione è formata da sette persone, sotto la
direzione del comitato di beneficenza municipale»).
Pochi
:inni dopo, un decreto reale del 21 dicembre 1807 ordina la ricostituzione
delle congregazioni di carità in tutto il regno d'Italia, pur con molte
differenze rispetto alle omonime istituzioni sabaude del secolo precedente. Infatti,
prima di tutto si prevede clic esse siano divise in varie commissioni, qualora
esistano diverse opere pie: la prima commissione si deve occupare degli
ospedali, la seconda di ospizi e orfanotrofi, la terza di elemosine e monti di
pietà. si può notare, per inciso, che la suddivisione di competenze instaurata
è molto simile a quanto già proposto dal vescovo di Vigevano, monsignor Scarampi,
al momento della costituzione della congregazione di carità vigevanese nel
1768.
Il
decreto del 1807 prevede che ogni commissione, formata da tre persone, si debba
occupare del buon andamento delle opere pie da essa amministrate, e faccia
sempre capo alla congregazione. i membri di quest'ultima si alternano, ogni tre
settimane, all'interno delle varie commissioni. la gestione finanziaria è unica
per tutta la congregazione, come unico deve essere l'archivio nel quale
conservare tutte le carte, tenendo rigorosamente suddivisi i documenti dei vari
istituti.
anche
Vigevano si deve adeguare.
Viene
ricostituita quindi la congregazione di carità, che si organizza secondo un
piano suddiviso in trentasei punti approvato nella seduta dell'8 agosto 180811.
come previsto dalla nuova normativa, la congregazione viene suddivisa in due
commissioni: la prima amministra l'ospedale e il monte di pietà, la seconda
l'orfanotrofio Riberia e la distribuzione delle elemosine. i sei membri vengono
scelti dal presidente della congregazione, il podestà di Vigevano. una
successiva disposizione governativa, con decreto reale del 28 dicembre 1811,
stabilisce che i membri eletti delle congregazioni rimangano in carica per un
massimo di tre anni. in questi turbolenti primi anni del XIX secolo non c'è
pace per la nostra congregazione di carità. con la sconfitta di Bonaparte e il
ritorno in Piemonte del governo sabaudo, tutte le istituzioni pubbliche
napoleoniche sono abolite, e restaurate quelle precedenti. una regia patente
del re Vittorio Emanuele, datata 31 dicembre 1814, ristabilisce a Vigevano la
vecchia congregazione di carità del 1768, formata da venti persone, compresi
gli aventi diritto e gli altri nominati, esattamente conte era organizzata la
prima.
I
tempi erano però ormai cambiati rispetto al 1768, e soprattutto era cambiata la
struttura amministrativa provinciale. Vigevano rimane capoluogo della provincia
del vigevanasco ancora per pochi anni, fino al 1818, quando il territorio
vigevanese viene annesso alla provincia di lomellina con capoluogo mortara.
Dal
momento di questa annessione inizia una lunga serie di scontri e polemiche fra
gli amministratori di Vigevano e quelli di mortara su quale deve essere la sede
della provincia, che comunque fino all'unità d'Italia rimane a mortara. questa
torte rivalità investe anche le congregazioni di carità, in quanto quelle che
avevano sede nei capoluoghi diventano congregazioni generali provinciali, con
compiti di direzione sulle opere pie di tutta la provincia. in lomellina si
ritrovano due congregazioni, a Vigevano e a mortara, entrambe definite
"provinciali" ma con una certa ambiguità sulle zone di competenza;
addirittura entrambe richiedono di essere considerate l'unica congregazione
provinciale, con competenza sull'altra. tale ambiguità si protrae fino al 1825,
quando il governo stabilisce le reciproche zone di spettanza: la congregazione
provinciale di Vigevano si interesserà delle opere pie poste a Vigevano e nei
paesi un tempo facenti parte della vecchia provincia del vigevanasco, quella di
mortara avrà autorità su tutti gli altri istituti della provincia. insomma,
quella di Vigevano è istituzione anomala, che svolge le funzioni di
amministratrice per le opere pie in città, e di -provinciale- sui seguenti
istituti: a Gambolò l'ospedale sant’Arcangelo e l'opera pia magnano Minchiotti;
a Robbio l'ospedale degli infermi, l'ospedale di sant'Antonio e le opere pie
cova, Montalenti, Bianchi, Colonna e Lampo; a Cassolnovo l'opera pia Cattaneo e
i legati pii Bertaccini, Repossi, Morselli; a Gravellona il luogo pio Bellini.
non risultano invece pii istituti a Nicorvo, Confienza, Frascarolo.
Invece
la congregazione di Vigevano svolge l'effettivo compito di -provinciale"
per quanto riguarda il ricovero e l'assistenza degli esposti.
Finalmente.
nel 1838 si porta a compimento quanto monsignor Scarampi aveva proposto fìn dal
1768, e che in parte era già stato attuato per pochi anni nel 1807. infatti.
con regio brevetto del 20 marzo 1838, re Carlo Alberto ordina la suddivisione
delle competenze della congregazione di carità di Vigevano, suddivisione che si
è poi mantenuta fino quasi ai giorni nostri. nel decreto di Carlo Alberto si
riconosce l'effettivo ruolo provinciale svolto dalla congregazione di carità di
Vigevano tino a quel momento, la si riconferma in questo ruolo e denominazione.
con competenza sui luoghi che facevano parte dell'antica provincia del
vigevanasco. il brevetto prevede poi clic la congregazione cessi
l'amministrazione dell'ospedale e gli altri istituti pii cittadini, mantenendo
solo le incombenze previste per le altre congregazioni dello stato, e precisamente
la distribuzione di elemosine, di doti e di sussidi vari i". il numero dei
membri di questa congregazione provinciale resta fissato a venti, dei quali
cinque di diritto, ovvero il vescovo o il suo vicario generale, il prevosto del
capitolo della cattedrale, il prefetto del tribunale, il sindaco e il primo
consigliere' della città; gli altri quindici sono invece elettivi, compresi i
direttori nominati dai vari istituti pii. per la conduzione dell'ospedale e
delle opere pie finalizzate all'assistenza e al ricovero dei poveri, invece,
viene creata una nuova commissione .amministratrice dell'ospedale e istituti
annessi. al vescovo vengono riservati compili definiti "ispettivi",
mentre il numero di membri effettivi di questa commissione viene fissato in
quattordici più un presidente, di questi quattordici, la metà sono "membri
di diritto: il sindaco della città, uno dei parroci. e cinque rappresentanti
dei benefattori e fondatori delle varie opere pie come l'ospedale di santa Marta,
l'ospedale della concezione, l'opera pia poveri, l'orfanotrofio Merula e
l'opera pia Deomini. gli altri sette e il presidente sono invece elettivi: il
presidente è di nomina regia, i membri vengono a loro volta nominati dal primo
segretario regio su segnalazione della commissione.
Dal
1838. dunque. le competenze relative all'assistenza a poveri e bisognosi
vengono definitivamente divise. si formano di conseguenza anche due archivi ben
distinti. i documenti della congregazione di carità dopo il 1838 costituiscono
un fondo documentario a se': il suo archivio è costituito da 96 faldoni e
registri, con materiale fino al 193749. le carte della commissione
amministratrice dell'ospedale e istituti annessi, invece, continuano a
confluire nell'archivio dell'ospedale, dove sono conservate tuttora. l'archivio
storico dell'ospedale è di notevole ricchezza ed interesse; consta di 657
faldoni e circa 1230 registri, con documentazione dal 1363 al 1981.all'interno
del fondo si trovano documenti provenienti da enti e istituti diversi
precedenti l'istituzione della congregazione di carità. per la maggior parte si
tratta di materiale mai studiato e quindi ancora tutto da valorizzare; come per
gli archivi degli istituti annessi, si dispone di un inventario sia cartaceo
che informatizzato.
Gli istituti pii e le aggregazioni di
opere pie amministrate dalla congregazione di carità
L'esposizione
segue l'ordine cronologico di creazione dei singoli istituti e delle diverse
aggregazioni.
1. Casa della carità, poi Pio Istituto
Poveri e istituto De Rodolfi
Se
i tre ospedali cinquecenteschi avevano il compito di assistere e curare i
poveri ammalati, in Vigevano si sentiva molto forte anche l'esigenza di
distribuire pane ed elemosine ai molti indigenti, che sappiamo costituire una
rilevante percentuale della popolazione complessiva.
per
questo motivo Cristoforo Rodolfi, nato nel 1451 da una delle famiglie più in
vista e nobili di Vigevano, con testamento del 1535 lascia tutti i suoi beni
alla costituenda casa della carità dei poveri di cristo, da fondare nella sua casa
di agitazione presso porta san martino, di fronte alla chiesa di san bernardo.
non si tratta di un ospedale o di una casa di ricovero, bensì di un luogo di
distribuzione di elemosine e pane. sappiamo che nel corso dei secoli la sede
dell'istituto è cambiata più volte, e che l'amministrazione del patrimonio
lasciato dal fondatore fu sempre assai deficitaria e lacunosa, visto che non
esistono registri di tesoreria, elenchi di debitori e dei beni, verbali dei
curatori''. anche la giunta straordinaria nominata nel 1832 rileva l'assoluta
impossibilità di verificarne i conti per il periodo anteriore al 1768, stante
l'assoluta mancanza di documentazione. nel 1768 l'amministrazione di
guanto rimaneva della casa passa alla neonata congregazione di carità, che associa
altri legati finalizzati alla distribuzione di pane ed elemosine. nel 1832 la
casa della carità si trasforma in pio istituto dei poveri e inizia ad
accogliere e assistere anziani malati. si trasforma cioè da semplice opera pia
di distribuzione di elemosine in vera e propria casa di ricovero, collocata in
una manica del terzo cortile dell'ospedale c in grado di ospitare settanta
anziani poveri inabili al lavoro e privi di assistenza famigliare. nel 1908 il
pio istituto si insedia in una nuova e autonoma sedei nel 1966 assume l'attuale
denominazione di istituto de Rodolfi e dal 1973 inizia a gestirsi in modo
autonomo dalla commissione amministratrice dell'ospedale, assumendo inoltre
l'amministrazione di altre opere pie ormai in stato di decadenza e abbandono:
l'orfanotrofio Merula, il Riberia, il Deomini, il Mercalli, le Doti.
Nel
1983 l'istituto
de Rodolfi e le opere pie annesse vengono estinte e diventano di proprietà
connmale51. l'istituto de Rodolfi continua tutt'oggi l'attività di ricovero e
assistenza.
archivio
del pio istituto poveri è costituito da 83 faldoni e da circa 500
registri".
2. Spezieria della carità
Altra
opera pia inglobata nel 1765 dalla congregazione di carità e la spezieria della
carità, o della concezione. con due testamenti, il primo del 30 maggio 1605 e
il secondo del 18 aprile 1614, e con successivi codicilli, Giovanni Francesco Garone
nomina suo crede universale la confraternita dell'immacolata concezione di Maria,
eretta nella chiesa di san Francesco, con l'obbligo di istituire e mantenere in
perpetuo una "spezieria ossia bottega pubblica di cose medicinali."
una farmacia, diremmo oggi a favore dei poveri, chiamata spezieria della
concezione, dotata di medicine e di un farmacista idoneo"La spezieria,
clic inizia a svolgere il proprio compito assistenziale nel 1627, ha una serie di
obblighi particolari: deve cioè in primo luogo fornire gratuitamente medicinali
ai poveri infermi consanguinei del fondatore, ai poveri infermi ricoverati
nell'ospedale del santissimo sacramento, a tutti i poveri infermi di Vigevano
in base alle possibilità, ai frati infermi di alcuni conventi cittadini".
deve inoltre fornire medicinali al prezzo di costo agli infermi degli ospedali
delle sante Maria e Marta e dell'immacolata concezione nonché ai religiosi
infermi degli altri conventi cittadini'".
Con
i redditi rimanenti, la confraternita della concezione deve provvedere a
distribuire dodici doti annue a povere fanciulle vigevanesi "di buona voce
e fama". il testamento non dice dove la spezieria fosse collocata, ma le
fonti storiche vigevanesi ci informano che si trovava nei pressi della chiesa
di san Francesco, in un edificio che sulla facciata recava una lapide in
ricordo del benefattore'`). della storia di questa opera pia fino al 1768 si sa
poco, anche perché l'unica documentazione rimasta è costituita da un pur
interessante registro di tesoreria della confraternita della immacolata
concezione, dal 1626 al 1766, che riporta conti anche della farmacia
amministrata dalla confraternita; esso è conservato all'interno dell'archivio
storico dell'ospedale. sempre dalla già citata giunta straordinaria del 1832.
comunque, veniamo a sapere che il patrimonio della spezieria nel 1768 era molto
esiguo, nemmeno 20.000 lire di Piemonte, contro le circa 60.000 lire degli
ospedali della concezione e delle sante Maria e Marta, e le quasi 610.000 lire
dell'ospedale del santissimo sacramento.
3. Legato Colli
L'ultima
opera pia conglobata nel 1768 nella congregazione di carità è il legato colli
detto dei poveri di cristo, del quale si fa menzione nell'atto istitutivo della
congregazione ma che non è mai nominato nelle relazioni e nei documenti
dell'epoca. probabilmente si tratta del lascito di Giovanni Francesco Colli, il
quale nel 15999) lascia alla confraternita del santissimo sacramento, in cambio
di messe perpetue in suffragio. due case poste in porta ducale lungo la
contrada di Predalate, nella zona dell'attuale piazza sant'Ambrogio, con
obbligo di distribuzioni elimosiniere.
4. Monte di pietà
Oltre
alle opere pie esistevano a Vigevano anche altri istituti che non vengono
subito assorbiti nel 1768 dalla congregazione di carità, ma mantengono ancora
per qualche anno una gestione autonoma.
Il
primo di questi è il Monte di Pietà. istituito dal governatore dello stato di Milano
Alfonso d'Avalos d'Aquino nel 1543. scopo dell'istituto, voluto da un gruppo di
cittadini vigevanesi e modellato sull'esempio di quello di Milano, era il
prestito di denaro contante a interessi modici, in modo che la cittadinanza non
dovesse ricorrere all'usura dei banchieri ebrei. statuti molto
particolareggiati, approvati anch'essi da Alfonso d'Avalos, prescrivono le
modalità della gestione del monte, dell'erogazione dei prestiti e della
consegna dei pegni; il monte viene amministrato da sei cittadini vigevanesi di
buona fama, scelti da un collegio di diciotto persone i loro volta nominate da
nove confraternite vigevanesi nello stesso anno, il pontefice Paolo autorizza
la costruzione di una chiesa quale sede del monte di pietà, intitolata alla
natività della beata vergine Maria, dotandola di alcune indulgenze ripetute poi
negli questa chiesa, a causa
dello stato di decadenza e abbandono, nel 1558 verrà sconsacrata.
Il
Monte di Pietà mantiene una gestione autonoma fino al 1811, quando passa sotto
il controllo della congregazione di carità. con regio decreto del 4 settembre
1857 al monte di pietà viene unita la neonata cassa di risparmio di Vigevano,
amministrata anch'essa dalla commissione amministratrice dell'ospedale e
istituti annessi, con sede in un locale al piano terreno del primo cortile
dell'ospedale; con il passare degli anni il monte finisce per perdere
importanza e scopo, tanto che pio volte se ne propone la soppressione, fino al
1952 quando viene definitivamente incorporato nella cassa di risparmio".
Del
Monte di Pietà è conservato un interessante archivio, costituito da 14 faldoni
e 315 registri, fra i quali gli elenchi degli amministratori dal 1540 al
1566,1e delibere dal 1639 al 1807, registri di tesoreria, mastri, bilanci e
conti di cassa dal 1600 al 1939'.
5. Orfanotrofio Riberia
L'ultima
opera pia esistente a Vigevano prima del 1768 è l'orfanotrofio Riberia. si
tratta di un orfanotrofio per povere fanciulle, costituito nel 1729 da Agnese Riberia
Castiglia. la fondatrice è la figlia di Andrea governatore e castellano di Vigevano,
nonché vedova di Michele Lanzi, che invece era stato membro del supremo
consiglio d'Italia a Madrid. oltre alle consuete clausole testamentarie, donna Agnese
nomina erede universale la "casa da me construtta per le sudette povere
orfanelle sita nella presente città di Vigevano"; ordina che in questa
casa, già costruita e attiva al momento del testamento, siano mantenute in
perpetuo dodici ragazze, affiancate da una maestra che insegni loro a lire
lavori "che siano di utile, e profittevoli"; l'età minima per
l'ammissione deve essere compresa fra i nove e i dodici anni; le ragazze devono
essere ''nate da legittimo matrimonio, native della città di Vigevano... in
pericolo della loro pudicizia" e vengono ospitate finché non raggiungono
l'età da marito, intorno ai vent'anni, quando vengono fornite di dote.
La
congregazione incaricata della gestione del luogo pio é formata dall'abate del
collegio dei giusperiti di Vigevano, in qualità di capo. e dai priori delle
confraternite cittadine di san Dionigi, santa Maria del popolo, san Cristoforo,
santa Maria Maddalena e sant'Andrea. la sede del luogo pio è in contrada Strata,
l'odierna via Cairoli, nei pressi della porta sotto la strada coperta che
conduce in castello, ed è costituita da una chiesa dedicata alla presentazione
della beata vergine, da un edifici e un giardino.
L'orfanotrofio
ha fin da subito vita difficile, in quanto, quale erede universale di Agnese Riberia,
eredita anche una serie di obblighi e legati, soprattutto verso il monastero
domenicano dell'assunta, nel quale la benefattrice era stata sepolta. la
situazione e tanto problematica che nel 1681 tutte le entrate dell'orfanotrofio
stesso vengono assegnate al monastero sino al saldo dei debiti; in seguito le spese
per il mantenimento delle orfane sono assunte dal monastero.
nel
1799 viene sciolta la vecchia congregazione che amministrava l'orfanotrofio, e
nominata al suo posto una speciale commissione formata da cinque cittadini,
della quale abbiamo i verbali fino al 1807. in quegli stessi anni, al fine di fornire
loro un'adeguata educazione e controllo, le orfane vengono spostate presso il
convento femminile della carmelitane scalze dei santi Giuseppe e Teresa,
nell'attuale via Riberia. Il monastero possiede spazio a sufficienza visto
l'esiguo numero di suore; le monache carmelitane inutilmente si oppongono e
chiedono che le orfanelle vengano riportate nella loro vecchia sede. nel 1807 l'amministrazione
dell'orfanotrofio passa direttamente sotto il controllo della congregazione di
carità; nel 1810 il convento dei santi Giuseppe e Teresa viene soppresso, come
tutti gli altri conventi cittadini, e l'immobile' resta unicamente sede
dell'orfanotrofio, dopo molti interventi di ristrutturazione e
adattamento". nel XX secolo l'orfanotrofio è ormai in piena decadenza. nel
1973 l'amministrazione
passa all'istituto de Rodolfì. nel 1983 l'opera pia viene definitivamente sciolta.
anche l'orfanotrofio Riberia possiede un ricco archivio depositato presso
l'archivio storico comunale, costituito da 53 faldoni e da circa 46(1 registri
di contabilità e bilanci.
6. Il concentramento del 1799
Prima
di passare all'analisi degli altri istituti, per motivi di ordine cronologico è
necessario trattare del concentramento di opere pie attuato nel 1799, quando è
attiva la prima commissione per l'ospedale dei poveri infermi. il 2 ventoso
dell'anno 7° repubblicano - il 21 febbraio 1799, quindi solo sei giorni dopo
l'istituzione della commissione stessa - la municipalità di Vigevano sopprime
ben dodici consorzi che avevano sede presso le varie chiese cittadine;
l'amministrazione dei beni e la distribuzione delle varie prestazioni risultano
ora a carico della commissione'. tale soppressione viene poi confermata il 23
novembre 1800 e il 15 settembre 1802. i consorzi soppressi sono quelli del
santissimo sacramento in cattedrale; san Giuseppe della buona morte nella
chiesa di san Paolo; l'opera pia Cattanea amministrata dalla congregazione di
san Carlo; l'immacolata concezione nella chiesa di san Francesco; san Giuseppe
e l'addolorata nella chiesa della madonna dei Sette Dolori; la madonna della
pace nella omonima chiesa nella valle del Ticino, detta anche di san Giovanni;
santa croce, il santissimo rosario e il santissimo nome di Gesù nella chiesa di
san Pietro martire; l'opera pia parca amministrata dalla confraternita del
popolo; la beata vergine nella chiesa di santa Maria del popolo; la beata
vergine dell'abito nella chiesa della misericordia dei padri serviti; il cuore
di Maria nella chiesa di sant'Andrea; l'amministrazione delle sostanze della
fabbrica del duomo. quest'ultima è poi ripristinata il 12 settembre 1807.
Di
alcuni di questi consorzi è conservata anche la documentazione superstite
presso l'archivio storico dell'ospedale, in prevalenza registri di tesoreria''.
7. Orfanotrofio Merula
Il
primo istituto pio fondato nel XIX secolo dopo l'istituzione della
congregazione di carità è l'orfanotrofio Merula. a Vigevano mancava un
orfanotrofio che si occupasse degli orfani maschi poveri; per colmare questa
lacuna il sacerdote Giovanni Merula, a imitazione dell'orfanotrofio femminile
fondato da Agnese Riberia, nel 1809 propone alla congregazione di carità di
istituire un orfanotrofio maschile, in grado di ospitare sei minori,
impegnandosi a versare delle somme annuali per il loro mantenimento. il pio
istituto viene ufficialmente istituito con un decreto del viceré d'Italia del 7
marzo 1809; la proposta di Merula viene accettata dalla congregazione di carità
il 18 marzo delle stesso anno, contestualmente all'istituzione, quale sede
viene assegnata una parte dell'ex monastero delle domenicane dell'assunta, che
era stato soppresso poco prima. l'apertura ufficiale del nuovo orfanotrofio
data all'8 ottobre dello stesso 1809. Giovanni Merula, morto nel 1813, con
testamento dell'8 aprile 1809 e successive modifiche e integrazioni del 17
febbraio e 3 novembre 1812 nomina suo crede universale l'orfanotrofio
aumentando il numero dei minori ricoverati da sei a dodici, e prevedendo, con
l'eventuale reddito rimanente, il ricovero presso l'ospedale di un numero di
anziani poveri appropriato alle risorse; gli assistiti sono da segnalarsi a
cura dei parroci della città". nel corso degli anni si aggiungono molti
altri lasciti, ognuno con disposizioni differenti riguardo alle modalità di
nomina degli orfani beneficiati, come si può vedere dalla documentazione
pervenuta e dai vari regolamenti approvati. dopo la seconda guerra mondiale
l'orfanotrofio Merula cessa di funzionare, l'immobile viene affittato per
attività commerciali e in parte trasformato in alloggi residenziali, ma il
forte degrado obbliga il comune di Vigevano, all'inizio degli anni novanta del XX
secolo, a intervenire. dopo alcuni anni di lavori, ora l'immobile è sede
dell'archivio storico comunale. si può dunque dire che l'archivio del fondo Merula
è ora tornato "a casa".
Come
il Riberia, anche il Merula è amministrato dalla commissione amministratrice
dell'ospedale fino al 1973, quando passa sotto la gestione dell'istituto de Rodolfi;
nel 1983 è sciolto e i suoi beni, fra cui, abbiamo visto, la sede, passano al
comune.
8. Ospizio degli Esposti
I
bambini nati a Vigevano e nelle località della provincia, non riconosciuti o
abbandonati al momento della nascita, venivano portati all'ospedale maggiore di
Novara. al fine di risparmiare sui notevoli costi di trasporto. ed evitare il
pericolo di morte dei piccoli durante il tragitto, il 23 agosto 1819 l'intendenza della
provincia di lomellina - che, ricordiamolo, aveva sede a mortara - istituisce
un brefotrofio provinciale, amministrato dalla congregazione di carità di Vigevano.
tale brefotrofio viene eretto in ente morale con la regia patente del 15
ottobre 1822; a partire dal 1874 assume la denominazione di ospizio degli
esposti. le rendite sono assicurate da rimborsi a cura dell'intendenza
provinciale e da lasciti generici. elemosine e donazioni varie. Sono ammessi
bambini abbandonati dei quali non si conosce la provenienza, infanti
illegittimi non riconosciuti, infanti riconosciuti ma i cui genitori non sono
in grado di provvedere al loro sostentamento. questi bambini vengono assistiti
in ospedale o affidati a balie, si prevede anche la possibilità di un affido
presso famiglie idonee, anche tino a diciotto anni per le femmine.
L'archivio
dell'ospizio degli esposti consta di 35 faldoni e di circa 460 registri.
insieme ad esso si conserva un cofanetto con alcune decine di medagliette e
santini, spesso divisi a metà, che venivano lasciati ai bambini esposti per
favorire un eventuale futuro riconoscimento.
Nel
1973 l'amministrazione
è passata di competenza all'amministrazione provinciale di Pavia.
9. Opera pia delle Doti
La
congregazione di carità, fin dalla stia creazione nel 1768, si era trovata
amministrare alcuni legati relativi alla distribuzione di doti a povere fanciulle:
ulteriori distribuzioni dotali erano poi di competenza di altre opere pie.
quali l'eredità Garone della spezieria della concezione o lo stesso
orfanotrofio Riberia clic doveva dotare le giovani ivi ospitate quando
raggiungevano l'età da marito. un forte impulso alla riorganizzazione
nell'attività di distribuzione delle doti è conferito dall'eredità di Francesco
Cocc'ordino, che nel 1820 lascia una cospicua somma alla congregazione di
carità col fine di distribuire il maggior numero di doti possibile in base al
ricavato dei beni destinati. al lascito Cocc'ordino seguono altri legati per
tutto il XIX secolo: ogni legato possiede procedure diverse per quanto riguarda
la scelta delle giovani da dotare.
Per
organizzare meglio e più razionalmente l'attività prevista dai vari legati. la
commissione amministratrice dell'ospedale nel 1840 concentra tutti i lasciti
nell'unica opera pia delle doti, amministrata da un direttore con il compito di
raccogliere tutte le domande e la relativa documentazione, nonché di provvedere
alla distribuzione delle doti rese possibili dai bilanci.
l'attività
di distribuzione dotale cessa all'inizio del XX secolo; i redditi dei vari
lasciti sono invece utilizzati per sussidi baliatici a favore dell'infanzia,
specialmente agli orfani di guerra.
l'amministrazione
di questa opera pia nel 1973 passa dalla commissione amministratrice
dell'ospedale all'istituto de Rodolfi, nel 1983 l'opera pia viene
sciolta. l'archivio dell'opera pia delle doti consta di 10 faldoni e di circa
400 registri.
10. Opera pia Deomini
Vincenzo
Deomini è un avvocato vigevanese molto impegnato nell'attività sociale c
assistenziale cittadina: infatti è membro della congregazione generale
provinciale di Vigevano nonché priore
della già più volte citata confraternita del santissimo sacramento.. Deomini ha
a cuore in modo particolare l'educazione infantile dei figli di famiglie'
povere, educazione sia scolastica sia religiosa. per questo motivo il 18 aprile
1833 fonda l'opera pia Deomini per l'istruzione della mendicità, che poi nomina
erede universale con testamento del 31 maggio 1836.
L'istituzione
dell'opera pia viene confermata il 21 aprile della stesso 1833 dalla regia
patente di re Carlo Alberto. l'opera non ha gestione autonoma, ma è aggregata
al pio istituto poveri: il suo primo direttore è infatti Giovanni Battista Vandone.
che è anche direttore del pio istituto. quale sede della scuola vengono scelti
alcuni locali dell'orfanotrofio Merula, quali insegnanti si chiamano invece i
fratelli delle scuole cristiane di Torino, che rimangono fino al 1866. già nel
successivo anno 1834 la scuola apre con circa 150 bambini, ma l'inaugurazione
ufficiale e nel settembre del 1840, anno in cui gli alunni sono suddivisi in
due sezioni in base all'età, dai tre ai sei anni e dai sette ai nello stesso 1540 l'amministrazione passa
sotto il controllo della commissione amministratrice dell'ospedale. che
l'istituto fosse all'avanguardia per quanto riguarda i principi pedagogici e
provato dalla visita all'opera pia compiuta già nel 1841 da Ferrante Aporti. al
quale il fondatore sappiamo che si era ispirato.
Nel
1877 le scuole infantili vengono convertite in asilo infantile, grazie anche a
una serie di convenzioni con il comune di Vigevano; per tutto il XIX secolo
inoltre la dotazione economica si arricchisce di una lunga e generosa serie di
lasciti di vari benefattori. la sede dell'istituto Deomini resta presso
l'orfanotrofio Merula fino al 1935, quando vengono inaugurati nuovi e più
capienti locali in viale sforza. presso la casa della madre e del bambino.
Come
per gli altri pii istituti visti in precedenza, nel 1973 l'amministrazione passa
dalla commissione amministratrice dell'ospedale all'istituto de Rodolfì; nel 1973 l'opera pia viene
sciolta.
L'archivio
dell'opera pia Deomini consta di diversi faldoni e di circa 600 registri.
11. Opera pia Basletta
Pochi
anni dopo l'opera pia Deomini, a Vigevano viene fondata l'opera pia Basletta.
fondatore è il notaio Francesco Basletta, clic con testamento del 14 ottobre
1839 istituisce questo pio istituto che ha il compito di occuparsi della cura
spirituale degli anziani poveri ricoverati presso il pio istituto. a tal fine
si prevede uno stipendio per un sacerdote che funga da rettore spirituale il
religioso deve risiedere all'interno del pio istituto ed è alle dipendenze del
direttore dell'istituto stesso. la fondazione viene approvata con regio
biglietto del 18 aprile 1543.
l'opera pia Basletta fin dalla nascita viene
amministrata dalla commissione amministratrice dell'ospedale, ma non ha vita
autonoma molto lunga. già dal 1866, infatti, inizia la pratica per il suo
concentramento presso il pio istituto poveri; tale concentramento è ostacolato
dall'erede Girolamo Basletta, nipote del fondatore, col quale inizia una lunga
causa alla fine, nel 1891, il concentramento diventa operativo. l'assistenza
spirituale è denunciata al rettore dell'istituto, neutre i fondi della Basletta
sono utilizzati per istituire due nuove "piazze" gratuite per povera
anziani, una maschile e una femminile.
12. Opera pia Mercalli
Come
già avvenuto con Vincenzo Deomini, che nel 1836 aveva fondato un istituto per
l'assistenza e l'educazione dei bambini poveri dai tre ai dieci anni, anche
Andrea Mercalli, con testamento del 24 agosto 1868, lascia tutti i suoi beni
all'ospedale di Vigevano al fine di fondare un istituto che si occupi
dell'assistenza ai bambini, appena svezzati e fino all'età di tre anni, figli
di operaie addette alle filande, allora molto numerose in città. il lascito
viene eretto in ente morale con regio decreto del 26 maggio 1870.
13 Opera pia Pisani
Pisani
lascia erede testamentale l’ospedale di Vigevano per la costituzione di posti
per ciechi e sordomuti della città e il sostegno per giovani artisti. entra in
funzione nel 1877 e si fonde con l’ospedale nel 1893.
I BENEFATTORI
Giuseppe Maria Scarampi
Giuseppe
Maria Scarampi fu il ventiduesimo vescovo di Vigevano dal 1757 al 1801. Nato a
Cortemiglia in diocesi di Alba il 24 febbraio 1720, fu rettore del collegio
delle province piemontesi prima e dell'università di Torino poi, elemosiniere e
vicario generale della corte sabauda. Nel 1757 fu consacrato vescovo di Vigevano
da papa Benedetto XIV su proposta di Carlo Emanuele III. La cerimonia di
investitura si svolse a Roma in sant'Ignazio
A
Vigevano si adoperò per la ristrutturazione del palazzo vescovile e per
l'unificazione dei tre ospedali in un'unica sede. Lasciò erede di ogni suo bene
la congregazione di carità.
Fu
sepolto presso l'altare di san Carlo nella cattedrale, mentre il cuore e i
precordi furono deposti nella chiesa dell'ospedale del santissimo sacramento.
Di cui egli aveva posto la prima pietra nel 1771.
I
resti, murati all'interno di una cassetta di legno, furono ritrovati
accidentalmente nel 1912 e ricoverati nella chiesa del nuovo ospedale civile
Francesco Cattaneo
Francesco
Cattaneo di Pietro Giorgio fu preposito della cattedrale. Con testamento
dettato in data 11 giugno 1703 lasciò una cospicua somma di denaro all’ospedale
del santissimo sacramento. . Dagli inventari risulta che egli possedeva una
collezione di quadri sacri e di ritratti, messa all'incanto dopo la sua morte,
che ebbe luogo il 30 settembre 1768.
Giovanni Battista Merula
Giovanni
Battista Merula nacque nel 1729, figlio di Giovanni Stefano e Margherita
Portaluppi, da una famiglia che vantava discendenza da Giorgio Merula,
umanista alessandrino del quattrocento,
come lascerebbe supporre la presenza di un ritratto di quest'ultimo tra i
quadri di casa Merula
Sacerdote,
dottore in legge e cavaliere dell'ordine mauriziano fondò ancora in vita un'
orfanotrofio maschile che doveva ripetere, dopo secoli di distanza, l'esempio
di donna Agnese Riberia. L'istituzione fu approvata dal viceré Eugenio
Beauharnais il 7 marzo 1809 . Il Merula morì il 25 gennaio 1813, lasciando
tutti i suoi beni all'orfanotrofio con l’obbligo di ospitare dodici orfani.
Giovanni Antonio Cotta Morandini
Giovanni
Antonio Cotta Morandini morì il 5 settembre 1827 a Parigi. Dove
probabilmente svolgeva l'attività di banchiere. Nella capitale francese il 1°
aprile 1822 aveva dettato il proprio testamento. Nel quale istituiva ospedale
di Vigevano, sua città natale erede della terza parte delle sue sostanze. Il
legato prevedeva la distribuzione di quattro doti a "povere ed oneste
figlie da marito" e l'istituzione di un certo numero di letti per gli
infermi .
Vincenzo Deomini
L'avvocato
Vincenzo Deomini fu commissario di guerra del re di Sardegna, priore della
compagnia del santissimo sacramento, membro della congregazione carità provinciale e generale e infine sindaco di Vigevano.
Nel 1833 fondò un'opera pia "per l'instruzione della mendacità, aggregata
al pio istituto di ricovero, lavoro e soccorso per li poveri della città e
territorio di Vigevano" (atto di fondazione in data 18 aprile 1833 e
decreto firmato da Carlo Alberto il 20 aprile 1833 in asoc, opera pia
Deomini . A partire dal 1877
l'opera pia Deomini svolse esclusivamente funzioni di
asilo infantile (a. Colombo, Vincenzo Deomini e il suo "asilo
d'infanzia" in Vigevano, Vigevano 1933). Con testamento del 31 maggio 1836
il Deomini dispose l'erezione di uno stabilimento per l'istruzione delle
fanciulle povere, "che siano desse bene ammaestrate nella dottrina
cristiana, nel leggere e scrivere, e nell'aritmetica almeno elementare, non che
nelli mestieri femminili sì e come verosimilmente praticasi a riguardo delle
orfanelle dell'orfanotrofio Riberia". Lasciò la sua ricca raccolta di
"testi teologici e ascetici" al seminario vescovile, nel quale
proprio in quegli anni monsignor Giovanni Battista Accusani aveva fatto
ricostruire le sale della biblioteca . Morì il 19 giugno 1830.
Pio Vincenzo Forzani
Pio
Vincenzo Forzani nacque a Mondovì il 19 luglio 1792 da agiata famiglia
monregalese. Studiò presso il locale seminario diocesano, dove fu ordinato
sacerdote nel 1815. Nello stesso anno conseguì la laurea in teologia a Torino e
nel 1820 in
utroque iure. Fu nominato rettore del seminario di Mondovì e quindi nel 1839
prese possesso della cattedra vescovile di Susa. Vescovo assistente al soglio
pontificio dal 1840, fu trasferito a Vigevano nel 1844. Fece il suo ingresso in
città il 3 maggio, accolto festosamente dalla popolazione che aveva collocato
iscrizioni latine sulle porte, sulle chiese e sulle facciate dei principali
edifici pubblici (iscrizioni esposte nella città di Vigevano in occasione del
solenne ingresso di monsignore don pio Vincenzo Forzani vescovo di Vigevano, Vigevano
1844). Nel 1848 ricevette nel palazzo vescovile re Carlo Alberto, reduce dalle
sconfitte dei sardo-piemontesi nella prima guerra d'indipendenza, episodio che
gli valse il titolo di cavaliere dell'ordine mauriziano (c. Bindolini, pio
Vincenzo Forzani. Un vescovo nel risorgimento, dattiloscritto, s.d., presso
ascv, s.s.). Legò cospicue somme di denaro all'ospedale degli infermi e
all'orfanotrofio riberia. Morì il 15 dicembre 1859.
Apollinare Rocca Saporiti
Il
nome della famiglia saporiti è legato a quello della tenuta della sforzesca, la
cui proprietà era stata ceduta dai napoleonici ad una banca di Lione nel 1796.
Marcello Giuseppe Saporiti, marchese di Zolasco, appartenente alla vecchia
aristocrazia repubblicana di Genova, entrò in possesso dell'azienda agricola di
fondazione sforzesca nel 1803 per mandato della marchesa Spinola, che presto
divenne sua moglie. Dopo la morte della Spinola, il Saporiti si sposò in terze
nozze con la contessa Marianna vitale di Callières, figlia di un membro della
corte di re Carlo Alberto. Egli promosse il rinnovo della sforzesca, portandola
ad essere una grande e fiorente azienda agricola moderna, composta da ben
cinque fattorie e comprendente i diritti sulle rogge e sui canali della zona.
In breve tempo divenne il maggiore possidente del territorio, a fronte di una
serie di piccoli o medi proprietari terrieri. Fu inoltre sindaco di Vigevano
nel 1831 . Prima di morire, il 9 luglio 1840, associò nella gestione dei suoi
beni il nipote conte Apollinare rocca di Reggio Emilia. Questi sposò la vedova
dello zio, per sfuggire alle rivendicazioni che alcuni parenti genovesi del
defunto marchese avevano avanzato sull'eredità. Nel 1852, in sua memoria,
Apollinare fece collocare nella chiesa della sforzesca un grande monumento,
opera dello scultore benedetto cacciatori, in cui si celebrava l'attività
filantropica del marchese Marcello, "qui sfortiacam ac viglevanum amplissimis
beneficiis exornavit" dal matrimonio nacquero tre tigli. Marcello.
Alessandro e infine maria, la quale sposò il marchese Marcello Gropallo di
Genova. Un ritratto alla famiglia rocca saporiti, eseguito da Giovan Battista
Garberini nel 1849, si conserva tuttora in collezione privata. Apollinare Rocca
Saporiti fu personaggio di spicco per molti aspetti. Acquistò palazzi e ville a
Milano e sul lago di Como, fece costruire nella frazione della sforzesca un
asilo e una scuola per i figli dei fattori e una nuova chiesa su progetto di
Giacomo Moraglia
Su
disegno dello stesso architetto fece erigere a Vigevano i due palazzi destinati
a ospitare il collegio Saporiti, le scuole medie e, per breve tempo, un piccolo
ateneo legale. 1935. Pp. 40-41, 48).
Patriota, ospitò nel marzo 1849 Carlo Alberto con il suo stato maggiore. A
commemorare tale evento Giovanbattista Garberini realizzò, su commissione del
Rocca Saporiti, il grande dipinto raffigurante la battaglia della Sorzesca del
22 marzo 1849, presentato all'esposizione annuale di Brera nel 1859 . Promosse borse di studio, bonifiche agrarie e
attività imprenditoriali. Con testamento del 28 maggio 1870 istituì
un'annualità per somministrare la minestra agli ospiti dell'asilo Deomini. Morì
a Milano nel suo palazzo in corso di porta orientale il 10 febbraio 1880.
Domenico Pisani
Domenico
Pisani nacque a Vigevano nel 1800 da Giovanni Battista e Maria Monti. Cavaliere
della corona d'Italia e ufficiale dell'ordine dei santi Maurizio e Lazzaro, fu
sindaco di Vigevano nel 1844-1845 e membro di diverse società promotrici delle
belle arti, accademie agrarie e letterarie, opere di carità sia lombarde sia
piemontesi. Sposò Adelaide Cornaggia Castiglioni, figlia del marchese Carlo Cornaggia
Medici di Milano. Ebbero tre figli, tutti prematuramente scomparsi. Il cavalier
Pisani morì il 9 marzo 1872.
Pisani,
con testamento datato 4 aprile 1870, nominava erede universale di tutti i suoi
beni l'ospedale di Vigevano, costituendo l'opera pia che porta il suo nome).
Non mancò di beneficiare anche dopo la morte il pittore Garberini, suo
protetto. Al quale lasciò una cospicua somma. Fra le altre lodevoli iniziative
si anno vera l'istituzione di alcune -piazze, ovvero posti presso istituti di
beneficenza di Milano, Lodi, Bergamo e Torino per ciechi e sordomuti nativi di Vigevano
e per il mantenimento di uno scrofoloso presso un bagno marino. Due assegni
annui inoltre destinati a garantire ai giovani poveri di Vigevano e territorio,
che avessero manifestato doti artistiche, la frequenza ai corsi presso
l'accademia di Brera e il conservatorio Giuseppe Verdi di Milano sull'esempio del suo benefattore, anche il
pittore garberini con testamento datato 29 marzo 1892 creava due borse di
studio, di cui una per Brera, il cui conferimento spettava al consiglio amministrativo
dei luoghi pii grazie a questa borsa e
al suo insegnamento presso l'istituto roncalli, il garberini contribuì in modo
determinante alla formazione di una compatta e nutrita generazione di nuovi
pittori vigevanesi.
Francesca Manara Negrone
Francesca
Manara nacque a Albonese il 2 novembre 1831 da Giovanni e Maria Colli Cantone. Sposò
in giovane età il commendatore Giovanni Battista Negrone, industriale nel
settore della seta e figlio di Angelo Maria, presidente onorario dei luoghi pii
di Vigevano per nomina di Carlo Alberto. Dal matrimonio nacquero tre figlie.
Tra cui Angiola Maria e Giuseppina prematuramente scomparse. La terza, maria,
andò in sposa al conte piemontese Santorre de Rossi di Santarosa. Cerimoniere
di corte di Vittorio Emanuele II e Umberto I. Rimasta vedova, dopo la morte
della figlia Maria, Francesca Manara fondò un istituto maschile di educazione,
in adempimento alle volontà testamentarie del marito.
La
costruzione dell'edificio ebbe inizio nel 1905 su un'area molto vasta sul corso
di porta Milano. La chiesa dell'istituto. Dedicata a san Giovanni Battista, fu
decorata dai pittori vigevanesi Raffele, Bocca e Ottone. Tutti usciti dalla
scuola del garberini. All'ingresso dell'istituto cu collocato il gruppo in
marmo di Carrara raffigurante il commendatore Negrone e le figlie, opera dello
scultore Donato Barcaglia .Francesca Manara
con testamento del 1908 dispose inoltre, nel nuovo ospedale di Vigevano,
l'erezione di due padiglioni, l'uno intitolato alla figlia Maria di Santarosa
riservato ai fanciulli poveri di Vigevano e della lomellina con preferenza per
i figli dei coloni dei beni inclusi nella sua eredità e l'altro destinato a sala di maternità.
Francesca Manara, "donna di alti sensi, di pietà singolare e di cuore
generoso", morì il 19 agosto 1908.
La galleria dei ritratti
La
quadreria dell'ospedale comprende numerose opere raccolte o commissionate nei
secoli dagli istituti di carità cittadini.
Nei
due locali adiacenti alla sala del consiglio dell'ospedale novecentesco è stato
allestito, in tempi recenti, uno spazio espositivo nel quale è confluita la
maggior parte dei pezzi conservati, a cominciare dalle opere antiche pervenute
alla raccolta dai tre ospedali riuniti, dalle opere pie e tramite lasciti
testamentari.
Nella
quadreria sono esposti inoltre i ritratti dei benefattori, commissionati a più
riprese dal consiglio di amministrazione, e alcuni pezzi di arredamento
provenienti dai vari istituti di carità. Tra questi è degno di nota uno stipo
in legno d'ebano, della metà del XVIII secolo, proveniente dall'orfanotrofio
Merula.
Il
modello a cui si ispira la galleria dei benefattori vigevanesi è sicuramente
quello della Cà Granda di Milano, che tuttavia se ne distanzia per numero di
ritratti eseguiti e per qualità dei singoli dipinti.
Nell'ambito
del programma celebrativo, l'eccezione è rappresentata dai ritratti scolpiti,
per i quali l'ospedale vigevanese si rivolse a tre famosi scultori milanesi
orbitanti intorno all'accademia di Brera e attivi presso i più importanti
cantieri della città. Per i dipinti invece la commissione amministratrice
predilesse maestranze locali di capacità certo più modeste, ma sicuramente meno
impegnative sotto il profilo economico.
Il
prestigio della raccolta della Cà Granda, che le guadagnò il ruolo di modello
per l'iniziativa vigevanese, fu indiscusso. Non entrò in gioco come possibile
punto di riferimento la quadreria del San Matteo di Pavia, di più recente
formazione e qualitativamente inferiore: i vigevanesi puntarono verso l'illustre
modello milanese piuttosto che rifarsi alla modesta serie pavese.
Se
un altro modello ebbero presente, esso deve essere individuato nella galleria
dei ritratti dei vescovi, ancora oggi conservata nel palazzo vescovile di Vigevano.
Si tratta di un documento di eccezionale importanza per la storia della città,
ancora non debitamente studiato. I personaggi sono rigorosamente effigiati a
figura intera, modalità questa che sottolinea il carattere celebrativo della
collezione, secondo un'iconografia che di per sé esprime il ruolo e il primato
dei personaggi ritrattati.
1. La quadreria più antica
Dell'antico
nucleo di dipinti che costituivano la galleria dei benefattori non rimane
traccia in quadreria. Esso è documentato solo dalla notizia del Boldrini, già
richiamata, che ricorda l'esposizione che delle pitture si faceva in occasione
del corpus domini. L'unico ritratto settecentesco che si conserva è quello del
vescovo Scarampi. Il dipinto è firmato, sul documento nella mano del
ritrattato, da David Loreti, pittore di cui non si possiedono precisi dati
biografici. Originario di Fabriano, il Loreti operò soprattutto a Roma nella
seconda metà del settecento come ritrattista al servizio delle famiglie più
prestigiose. Giuseppe Maria Scarampi, avviato alla carriera ecclesiastica, era
a Roma intorno alla metà del secolo; nel 1757, con una cerimonia solenne in
Sant'Ignazio, fu investito da papa benedetto XIV della cattedra episcopale di Vigevano,
che tenne sino al 1801, anno della morte. Nel dipinto il vescovo, ritratto a
mezza figura, tiene nella mano destra un documento, dal quale si apprende che
nel momento in cui il Loreti realizzò l'opera lo Scarampi era già vescovo. Di
fatto, è ipotizzabile che il dipinto sia stato realizzato a Roma proprio in
concomitanza con la nomina e che sia approdato a Vigevano perché compreso negli
effetti personali dello Scarampi.
Il
tutto è completato dal ritratto di donna Riberia di Castiglia presso la Pinacoteca Civica
è della II metà del ‘700.
2. Ritratti prima metà ‘800
I
ritratti sono divisi fra quelli a piena figura, quelli tondi ed i busti. Fra i
primi Gerolamo del Pozzo, Francesco Cocc’Ordino, il capitano Longhi, il vescovo
Scarampi. I busti rappresentano Francesco Cattaneo, Giovanni Antonio Cotta
Morandini e Vincenzo Deomini.
3. Il rinnovamento del 1860
Si
aggiungono i busti dei principali benefattori: Pasino Ferrari, Girolamo del
Pozzo, Camillo Aliprandi, Giovanni Francesco Garrone.
4. Il secondo Ottocento
I
principali ritratti sono del pittore locale G.B. Garberini: il vescovo Vincenzo
Forzani, Angelo Colli Cantone, Domenico Pisani, Vittorio Emanuele II, Adelaide
Cornaggia Castiglioni, Apollinare Rocca Saporiti, Gianmartino Arconati
Visconti, Francesca Manara Negrone. Il tutto è completato con il busto di
Giuseppe Crespi ad opera dello scultore ricci nel 1929.
Le opere antiche
Accanto
ai ritratti dei benefattori, la quadreria dell'ospedale raccoglie un
consistente nucleo di opere antiche. la loro provenienza è duplice: una parte
dei dipinti viene, infatti, dalle collezioni degli stessi benefattori, i quali
legarono le pitture come altri averi all'istituzione destinataria del loro
patrimonio, un'altra parte riunisce le opere superstiti dell'ampio corredo di
manufatti finalizzati alla devozione di cui si dotarono le confraternite o le
diverse istituzioni assistenziali che precedettero o affiancarono l'ospedale.
Anche
per quanto concerne la provenienza del nucleo delle opere più antiche, molti
dubbi sussistono sulla sede originaria di collocazione. per il polittico di
Giovanni Quirico da Tortona, firmato e datato 1503, Barbara Fabjan ha definitivamente stabilito la connessione
con la cappella della visitazione, eretta in cattedrale nel 1498 dal sacerdote
Pasino Ferrari, benefattore al quale Vigevano dovette anche la fondazione dell'ospedale
delle sante Maria e Marta, promossa nello stesso anno. sulla collocazione del
polittico prima dell'approdo alla collezione dell'ospedale accerta un passo,
finora inedito, della visita pastorale condotta dal vescovo Gerolamo Archinto
nel 1704. il presule descrive dettagliatamente il polittico, che vedeva proprio
nella cappella della visitazione e si preoccupa di ricostruire la vicenda della
fondazione di Pasino in relazione all'assetto della cattedrale e al suo
rifacimento;. la nota è preziosa, anche se per diverse illazioni inattendibile,
e supporta con l'autorevolezza della testimonianza diretta i risultati cui è
pervenuta, sulla base dell'iconografia, l'analisi storica.
Altri
materiali sono confluiti nella raccolta senza seguire la dinamica determinata
dalla forza degli obiettivi accorpamenti all'ospedale, ma solo il filo della
logica conservativa. è il caso dei due paliotti d'altare ricamati, risalenti al
XVIII secolo e pertinenti alla chiesa del monastero dei santi Giuseppe e
Teresa, luogo dove furono portate nel 1799 le assistite dell'orfanotrofio
Riberia; essi furono riuniti alla raccolta probabilmente perché questa era
punto di riferimento per gli enti sottoposti alla commissione amministratrice
dell'ospedale e istituti annessi, istituita nel
1838.
la provenienza è anche in questo caso accertabile per evidenza iconografica,
poiché al centro di uno dei due frontali è raffigurata l'estasi di santa Teresa.
La
consapevolezza da parte dell'amministrazione del ruolo di conservatore che la
presenza della collezione le imponeva fu sempre alta e solo saltuariamente
l'impegno ebbe ad allentarsi.
nel
1918 veniva alienata una deposizione, datata 1572, che era collocata presso
l'alloggio del rettore spirituale della struttura. la motivazione addotta era
che "detto quadro, a giudizio di perito dell'arte, qual è il pittore
Raffele Ambrogio, non ha pregio artistico e trovasi in disastrose condizioni
talché, se non si addivenisse ad immediato restauro, andrebbe in breve tempo
distrutto".
Acquirente
del dipinto era il pittore milanese Ferdinando Bialetti, che si assicurò
l'opera per la somma, modesta, di duecento lire, le quali vennero impegnate in
titoli di stato. da alcuni appunti dell'archivio si deduce che il Bialetti
aveva ruolo di tramite nella rete che univa i potenziali venditori agli
acquirenti. un appunto del 22 maggio 1924 ricorda che il pittore suggeriva di
rintelare il crocefisso attribuito alla scuola del Ribera, operazione dopo la
quale il quadro avrebbe potuto aspirare a realizzare sette o ottomila lire sul
mercato antiquario; valutava circa ventimila lire la "ancona ss. Maria e
Marta", da identificarsi con il polittico di Quirico, che denominava
supponendone la provenienza non dalla cappella, ma dall'ospedale fondato da
Pasino Ferrari. quanto al gruppo ligneo dei de donati, per il quale l'ospedale
aveva ricevuto un'offerta di novemila lire, più onestamente Bialetti suggeriva
un valore superiore, forse fino a quarantamila lire, indicando che
"l'opera potrebbe trovare acquisitori forse i1 William di Buenos
Aires".
Artefici
della vendita del 1918 furono il commissario prefettizio, avvocato Luigi
Maiocchi, e il segretario dell'amministrazione ospedaliera, l'avvocato Scevola.
quest'ultimo fu anche tra i protagonisti, negli anni venti, dei dibattiti che
riguardavano le ricorrenti ipotesi di alienazione di beni, le quali,
fortunatamente, non presero corpo. nel 1924-1925 si registrarono anche offerte
da parte dell'antiquario Pietro Accorsi e di altri, ma nulla fu concluso: nel
1927 Mauro Pelliccioli, su richiesta di Mario Salmi, all'epoca ispettore a
Brera, stilava il primo preventivo per i restauri più urgenti e da allora
l'amministrazione dimostrò una nuova e costante forma di attenzione alla
conservazione dei materiali. episodio di grande rilievo fu l'esposizione del
1961, che venne promossa dal commissario dell'ospedale del tempo, il colonnello
Celestino Brignoli; l'esposizione si tenne presso il circolo ufficiali ed ebbe
lo scopo di far conoscere alla cittadinanza i documenti storici più antichi e
le opere d'arte conservati presso l'ente.
Negli
ultimi decenni l'attenzione alla collezione ha portato alla distribuzione delle
opere nei locali del nosocomio secondo successivi allestimenti, tutti autonomi
e gestiti all'interno della struttura, ma tutti volti alla loro valorizzazione.
in parallelo, si sono succedute le campagne di restauro: dopo quella curata da
Pelliccioli e quella di Giuseppe Maffeis negli anni sessanta, l'ultima,
condotta d'intesa con l'allora soprintendenza ai beni artistici e storici, data
agli anni ottanta del novecento e ha dato luogo ad un'importante esposizione.